Meditazione di
Don Luciano Vitton Mea
Tutto tace nel letamaio di Giobbe: le voci degli uomini cedono il
passo al silenzio.
Sono volate accuse pesanti, ora nei confronti di Dio, ora
nei confronti di Giobbe; tutti hanno fatto le loro arringhe, discusso, cercato
soluzioni o di trovare un perché al dramma della sofferenza innocente.
Ora
tutto tace. Sta per arrivare l’ultimo personaggio, Colui che Giobbe ha osato
mettere con le spalle al muro, trascinare in un tribunale, mettere alla sbarra.
L’incontro tanto atteso è arrivato.
Dio si presenta, sta per prendere la
parola; dopo il pubblico ministero e i difensori d’ufficio è arrivato il tempo
di Dio.
“Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine: Chi è costui che
oscura il consiglio con parole insipienti?”
Dio non si pone sullo stesso piano
di Giobbe, non si siede sulla soglia di una casa di fango. Parla dentro ad un
vento impetuoso.
Non si tratta di una semplice teofania: va oltre una
manifestazione della divinità in forma sensibile, attraverso un fenomeno
atmosferico.
Dio non si siede nel consesso umano, ma parla nel cuore dell’uomo,
nell’esistenza della sofferenza innocente.
Dio rispose a Giobbe di mezzo al
turbine: non è forse una tempesta il cuore di colui che oscura il consiglio con
parole insipienti?
Non vi è forse un turbine nell’esistenza marchiata dalla
sofferenza innocente?
Non c’è vento impetuoso nel cuore di un malato di cancro,
in un’esistenza segnata dalla solitudine?
Non è pioggia impetuosa il pianto di
un orfano, di una mamma che ha perso il suo bambino, di un uomo o una donna che
hanno perso un amore che rallegrava e rendeva giovane i loro giorni?
Nell’aula
del tribunale allestito tra i letamai della sofferenza umana ecco Dio come
ultima voce.
Sottolinea David Maria Turoldo: “E come sarà stata la voce di Dio?
Una voce che parlava dentro , attraverso l’impotenza dell’uomo; sorge
dall’angoscia di una luce, che non bastava a schiarire l’orizzonte carico di
tenebre.
Una voce che parlava da tutta la natura; voce di procella; voce di
tempi antichi, di cieli vastissimi, una voce d’elementi, che sfidava qual
prode, il piccolo uomo.”
Certo, perché questo turbine diventi brezza mattutina,
voce che parla dal profondo di un cuore piagato, i perché e i lamenti devono
cedere il passo al silenzio, affinché la presenza interiore di Dio diventi
sillaba, Parola arcana, discorso comprensibile anche per gli ultimi, per coloro
che abitano nelle case di fango. Tutto tace nel letamaio di Giobbe: è arrivata
la voce di Dio.